“Costruire il calore di una casa e la sicurezza di un villaggio. Siamo partiti dalla certezza che prendersi cura di bambini e ragazzi con amore avrebbe guarito solitudini e ferite: da quella fiammella originaria è nata una storia luminosa” Pietro Vignato e Gianfranco Caleari, tra i fondatori nel 1981 della cooperativa SOS, descrivono così la motivazione di un impegno che, sull’esempio di Herman Gmeiner, ha coinvolto migliaia di sostenitori e benefattori in tutta la provincia per realizzare in pochi anni il Villaggio SOS di Viale Trieste.

Una storia che parte dalla solida e tenace amicizia tra i giovani dell’allora gruppo missionario nel quartiere Ferrovieri: dalle raccolte di pane raffermo alla musica folk, ogni iniziativa aveva la capacità di coinvolgere e appassionare.

“Era la fine degli anni sessanta - raccontano - e le esperienze di studio, lavoro e famiglia da cui provenivamo diventavano sale per motivarci a costruire progetti di bene”. All’impegno per la povertà nei paesi lontani si affiancò ben presto il volontariato negli orfanotrofi della città dove le suore aprivano le porte a giovani con le chitarre pronti a far divertire i bambini.

Da qui la scintilla: costruire anche a Vicenza una accoglienza diversa sul modello di Gmeiner, con la “Mamma SOS” come punto di riferimento della casa all’interno di un vero e proprio villaggio.

Tra i principi base il non sostituirsi mai alla famiglia d’origine, per quanto fragile o in difficoltà, anzi di incoraggiare il mantenimento dei legami e dove possibile il ricongiungimento.

Così il terreno agricolo di Viale Trieste, grazie alla scelta del Consiglio comunale guidato dal Sindaco Giorgio Sala e alla determinazione dell’avv. Brogliato (in quella occasione il Consiglio unanime donò al Villaggio il gettone di presenza), divenne edificabile e si poté partire.

Ma serviva la benedizione dell’ideatore dei Villaggi, Gmeiner, che non fu facile da convincere. Venne a Vicenza per mettere alla prova la tenacia di questi giovani.

Per anni, ad ogni Messa della domenica in provincia, il gruppo raccontava il significato dello spirito SOS. Il risultato furono diecimila amici dei Villaggi, un esercito. “Non avevamo però il becco di un quattrino - ricordano i protagonisti - ma sono piovute donazioni da singoli benefattori, da aziende e banche e…dalla provvidenza. Tanti i segni che arrivavano puntualmente in mezzo alle crisi e riaprivano la strada: quando con i primi stipendi delle mamme SOS da pagare e denaro insufficiente ricevemmo un lascito inaspettato o il momento in cui l’architetto Papesso si offrì di progettare e seguire gratuitamente la costruzione o, ancora, quando il dott. Ferretto donò l’arredamento di una casa.”

Nel 1981 Gianfranco Caleari, che era stato convolto da Walter Fortunato, Fortunato Capanna e dagli altri amici, prese le redini: “Con Grazia, Marta, Luisa e poi Ilia e Rita potevamo partire, le prime Mamme SOS erano la linfa di un prendersi cura che avevamo immaginato e realizzato con tenacia anche appoggiandoci a figure professionali. Il Villaggio nacque perché doveva nascere, perché non potevamo fare altrimenti. Di fronte alla sofferenza, decidemmo di lasciarci provocare e alimentare in noi stessi e nei nostri figli la responsabilità di scoprire nella pupilla dell’altro la nostra stessa immagine.”

Una storia che oggi il Presidente Valter Iposi e la Direttrice Marta Trecco proseguono in un mondo cambiato: “E’ la stessa volontà di accogliere con amore e professionalità a sostenerci oggi. Il Villaggio è cresciuto con otto comunità familiari, due comunità educative mamma-bambino, gli appartamenti autonomia per i ragazzi più grandi e le case rifugio per donne maltrattate, siamo il servizio più grande del triveneto. Lavoriamo nel solco di quel prendersi cura che i fondatori hanno alimentato, in un mondo di norme da rispettare, investendo sulla qualità e la formazione dei nostri educatori. Il tempo che bambini, ragazzi e famiglie accolti al Villaggio, oggi di circa 2 anni e quattro mesi, sia il più speciale possibile e offra opportunità di crescita continue. La retta che i Comuni sostengono non basta a coprire bisogni sempre più specifici, dalla psicoterapia alle attività ludico-sportive, e ancora oggi come agli inizi è la generosità dei vicentini e delle aziende del territorio, che ringraziamo, a permetterci di continuare a dare risposte.”